OSSERVAZIONI AL PARERE ESPRESSO DAL Prof. CHRISTIAN TOMUSCHAT 
della HUMBOLDT UNIVERSITAT di BERLINO

Con riferimento al parere negativo espresso dal Prof. Tumschat e fatto proprio dal governo tedesco con il comunicato dell'agosto 2001, relativamente alla richiesta, presentata dall'ANRP e suffragato dalla memoria di chi scrive, circa la possibilità per gli Internati Militari Italiani (IMI) di essere destinatari delle prestazioni previste dall'atto istitutivo della Fondazione "Memoria, responsabilità e futuro", si fa presente in sintesi quanto segue:

Il Prof. Tomuschat insiste in modo assiomatico ed apodittico sulla qualifica degli IMI come aventi lo "status" di prigionieri di guerra a partire praticamente dalla data dell'armistizio; status che sarebbe stato mantenuto fino alla fine della guerra.
Le argomentazioni addotte in proposito risultano spesso contraddittorie, arrivando a riconoscere che essi sono stati costretti al lavoro e che secondo l'ordinanza citata alle note 15-16, di cui l'autore dichiara di disporre copia del documento originale, "non doveva essere lasciata vera libertà di scelta".

La necessità di adibire gli IMI al lavoro forzato, senza alcuna retribuzione (v. citazione no.32 di Tomuschat), e senza le garanzie previste dalla convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra del 1929 risulta determinata secondo Tomuschat - come risulta dalla precedente Memoria redatta da chi scrive - dall'esigenza di supplire alla mancanza di forza-lavoro tedesca impegnata in guerra, soddisfacendo apparentemente le richieste del Duce, ansioso sia di proteggere, almeno formalmente, gli italiani sia di non scontentare i tedeschi.

A questo proposito sorprende il riferimento costante effettuato dal Tomuschat alla convenzione di Ginevra ed alle convenzioni precedenti e successive in materia di diritto bellico, nonché agli usi di guerra allo scopo di definire questa normativa come parte integrante anche del diritto internazionale consuetudinario e addirittura del diritto cogente (v. nota 40 del Tomuschat allo scopo di riportare - cosa che non è affatto possibile - gli IMI alla categoria dei prigionieri di guerra; tutto ciò è da escludersi proprio per i motivi esposti da chi scrive nella precedente Memoria. 

D'altra parte sorprende l'atteggiamento pietistico che spesso traspare dalle considerazioni di Tomuschat in merito alle pessime condizioni di vita e di lavoro degli IMI, per i quali il termine "internati", privi di retribuzione, di garanzie, di assistenza sanitaria, ecc. viene riportato al valore di una semplice definizione teorica, priva cioè di conseguenze concrete (cfr. il riferimento alle affermazioni di Herzog nel processo di Norimberga alla nota 54 di Tomuschat).

Ugualmente sorprendente è l'applicazione da parte di Tomuschat del principio per il quale la violazione di un obbligo giuridico non ne comporta la cancellazione restando l'autore dell'illecito obbligato al risarcimento del danno procurato per ribadire immediatamente dopo il concetto secondo cui gli IMI non furono null'altro che prigionieri di guerra eventualmente maltrattati e quindi non aventi alcun diritto ai sensi dell'atto istitutivo della Fondazione considerata.
Ciò appare assai grave dato che il Tomuschat afferma, anche sulla base dall'arringa di Herzog nel processo di Norimberga, che la loro situazione continuò a restare invariata anche dopo la "Civilizzazione".

Anche i riferimenti ad altri principi, quale quello secondo cui " a volte gli autori non riconoscono il fatto che si debba distinguere tra il diritto e la realtà" è utilizzato dal Tomuschat in modo impreciso, vale a dire per prendere atto della "situazione reale" degli IMI, ma per concludere che "il Reich tedesco, non essendo disposto ad attenersi alle regole del diritto umanitario, nell'ambito del suo potere non trattò gli IMI come prigionieri di guerra. 

Senza entrare in ulteriori dettagli, vale la pena di rilevare che anche ove - per un'ipotesi del tutto astratta - si volesse per un istante accogliere l'opinione di Tomuschat, che è invece respinta, e si volesse aderire alla tesi che considera gli IMI prigionieri di guerra, sottoposti a violazioni del loro status, si dovrebbe concludere che la violazione delle norme di diritto internazionale umanitario da parte tedesca comporta un obbligo di risarcimento che tuttora permane, trattandosi di violazioni
di norma cogenti. Ciò deve dirsi nonostante l'esistenza di alcuni accordi italo - tedeschi, in relazione al cui significato e portata si rinvia alla Memoria redatta da chi scrive.


Prof. Maria Rita Saulle
Università di Roma "La Sapienza"