Lettera di Lazzero Ricciotti all'On. Alessandro Natta

Febbraio 2000

Egregio On. Prof.
Alessandro Natta

Caro Professore,
sono Ricciotti Lazzero (cl. 1921, fronte russo Don e poi partigiano nel canavese), autore del libro "Gli schiavi di  Hitler" ed ora presidente dell'Istituto di Storia Contemporanea "Pier Amato Perretta" di Como. D'accordo con alcuni Istituti della Resistenza ho lanciato nel dicembre 1999 una campagna nazionale per raccogliere i nomi, la documentazione e la memoria dei lavoratori coatti sopravvissuti allo sfruttamento nazista nell'industria bellica. Il 28 dicembre 1999 ho inviato un appello al sottosegretario alla presidenza Marco Minniti chiedendo un incontro e di farsi attivo affinché l'Italia, finora assente, avviasse le procedure per entrare nel gruppo delle nazioni alle quali sarà concesso l'indennizzo previsto da una Fondazione di cui sono in corso le trattative. Mai ricevuto risposta. In febbraio ho inviato un appello al Presidente della Repubblica il quale ha accolto la mia richiesta attivando nel problema il governo e delegando la sezione legale del Quirinale a studiare con noi le possibili soluzioni.
Al mio Istituto arrivano richieste da ogni parte d'Italia: persino dagli USA e dall'Argentina. Abbiamo già raccolto più di 3000 schede che cataloghiamo a seconda del loro contenuto e passiamo al computer. E' uno sforzo poderoso che affrontiamo noi tutti volontari dal mattino alla sera, in mezzo a difficoltà di vario tipo.
Io e i miei collaboratori siamo convinti che con  il nostro impegno onoriamo quell'altra Resistenza che l'allegra Italia del dopo guerra ha tenuto sempre nell'ombra. Chi ha detto "no" ai nazifascisti e patito la fame è un uomo nobile che merita il rispetto di tutta la nazione. E', io considero così l'iniziativa che ho avviato, l'aiuto di un partigiano ad altri partigiani come si faceva quando si era in banda in montagna o nelle città occupate. Ma perché questo slancio non viene capito?
I memoriali che arrivano all'Istituto sono pieni di storie agghiaccianti che io non supponevo potessero esistere quando facevo le mie ricerche in Germania.
Queste storie (l'italiano laico che puliva i forni crematori di Auschwitz e in quindici giorni perse 10 chili di peso, un vecchio che nel letto di morte nell'attesa di una pensione mai arrivata volle il libretto di lavoro (l'Ausweis) e pieno di lacrime ne accarezzava la fotografia fino a farla scomparire, il giovane che dopo il Lager finì addirittura a Stalingrado a sgomberare le macerie, l'uomo che racconta il bombardamento di Berlino il 25 aprile 1945: 40.000 morti e lui con altri a tirar fuori cadaveri; un gruppo di alpini (5° reggimento) catturati a Merano, venivano sottoposti dai tedeschi ad un'iniezione che procurava la morte per infarto; il sergente napoletano Caracciano che frusta con un nerbo i prigionieri a Katowice: quando arrivarono i russi gli tagliarono la testa e, i morti di fame che quando riuscivano a procurarsene, mangiavano la biada dei cavalli cotta nell'acqua.
Queste storie dunque costituiscono una memoria che rielaboreremo e porteremo a conoscenza di tutti, anche usando le tecniche multimediali affinché la memoria resti viva nel tempo anche nel racconto parlato di chi è ancora vivo. Questo è un problema assillante. I sopravissuti sono tutti intorno agli ottant'anni (l'uomo di Berlino ne ha 99) e sentono che il tramonto è vicino. Tutti ci ringraziano per averli tirati fuori dall'ombra, ci aiutano ad andare avanti e sottolineano con parole dure ed amare il silenzio delle Istituzioni.
Fino ad oggi avevano tenuto dentro di sé il ricordo allucinante di quei giorni di fame e di percosse in Germania, ma ora che hanno poco tempo da vivere parlano tra lo stupore delle mogli e dei figli che non sapevano niente di quel passato.
Perché le Istituzioni hanno finora taciuto?
Noi lavoriamo in collaborazione con gli Istituti della Resistenza di Sassari, Aosta, Cuneo, Parma, Imperia, Borgosesia, Bergamo, Pavia e Sondrio, i quali raccolgono altre schede,aiutati dalle TV locali e dai giornali regionali. Ora siamo di fronte alla necessità di preparare un collegio legale il quale sia sostenuto dallo Stato, così come fanno le nazioni che già partecipano alle trattative per la Fondazione Usa-Tedesca. Ci vuole un'azione massiccia, anche diplomatica, anche politica, perché il tempo scorre veloce e gli uomini scompaiono.
L'Italia ha il dovere di presentare il proprio olocausto: 50.000 morti e centinaia di migliaia di giovani sfruttati bestialmente. Lo deve affermare con orgoglio, senza timori. Perché con questo Olocausto dimenticato noi abbiamo contribuito alla lotta per la libertà, come gli altri popoli.
E' in questa visione, che io chiedo il suo aiuto affinché faccia conoscere al Paese ciò che si dimentica sia a livello politico che nelle scuole.
Il Suo aiuto è importante perché darà una speranza a chi attende dalla fine della guerra un "grazie" per convincersi che il loro sacrificio non sia stato vano.
Ci dia una mano caro amico, ci aiuti a rompere nel nome dei sopravissuti al lager il muro di silenzio che li circonda.
Le sono molto grato per ciò che potrà fare e sono a Sua disposizione per qualunque chiarimento, con tutti i miei volontari dell'Istituto.
Le porgo la mia più profonda riconoscenza e un saluto cordiale e rispettoso.

Ricciotti Lazzero (Presidente)